martedì 2 giugno 2020

Alla ricerca delle mie radici vichinghe

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In Danimarca non c’è molto sole. Prevalentemente le giornate sono grigie e fredde, anche perché è un paese dove soffia molto vento. Tuttavia si dice che due posti facciano eccezione, in quanto molto pi' soleggiati. Uno è Bornholm, un’isola danese al largo della Polonia. L’altro invece è Skagen, la punta più settentrionale del Jutland, la terraferma danese che si estende in direzione di  Svezia e Norvegia. Questa è la storia di come, insieme a 4 amici, mi sono avventurato verso la fine della Danimarca, per poi proseguire via nave verso la Svezia.



L'inizio del viaggio

Per arrivare a Skagen da Copenhagen si passa per Århus. Århus è l’eterna seconda città danese. In quanto a popolazione, università, economia, offerta culturale si avvicina a Copenhagen ma non la raggiunge, e pochi la conoscono al di fuori del paese. Avendo poco tempo, noi ci fermiamo soltanto per una tappa in un supermercato, ma poi proseguiamo. 

Invece ad Alborg, che è più piccolina, ci fermiamo per vedere com’è. Le vie del centro sono antiche e addobbate. Ci sono pochi palazzi e molte case in mattone. Ben presto incappiamo nel mercato di natale. Entriamo in uno dei locali e ci sediamo a un lunghissimo tavolo. Si beve vin brulè e c’è una bella atmosfera, con musica e tanta gente. Ma più che altro si beve vin brulè. Infatti quando usciamo non sento più il freddo e mi sento un po' brillo. Doveva proprio essere un buon vin brulè!

Århus
Alborg
Riguardo ai vichinghi...

Una cosa interessante di questa zona è che per molti secoli è stata infestata di vichinghi. Insieme al sud della Svezia e al nord della Norvegia, questo era proprio l’areale della loro civiltà. Ora, come saprete, i vichinghi non sono mai stati un regno o un impero unitario. Avevano in comune la religione, il modo di costruire barche (leggere, agili e poco profonde) e, come definirlo… un certo “stile di vita”. Ma non avevano l’organicità di un impero. Ogni regione o cittadina faceva un po’ a modo proprio, e per molti secoli si sono susseguiti attacchi e proprie guerre interne. A volte però si creavano le circostanze per collaborare. Un momento unificante era alle volte quello delle incursioni verso “le terre dell’Ovest” (Irlanda, Gran Bretagna, Francia, Paesi Baltici ecc). Ci sono state incursioni, come il celebre Sacco di Parigi, dove i vichinghi hanno unito le forze per espugnare le terre i cui bottini erano ben custoditi. 

Durante il nostro viaggio verso Skagen ci imbattiamo nel pietrone di Jelling. Su uno dei pietroni ritrovati Harald Bluetooth, il re dei Vichinghi Danesi, fece incidere con altisonanti lettere cruniche l’avvenuta conversione al Cristianesimo. La leggenda vuole che, dietro a questa inaspettata decisione del re, ci fosse la guarigione da una grave malattia per mano di monaci cristiani. Il re, persuaso che una mancata conversione al cristianesimo lo avrebbe riportato alla malattia e alla morte certa, non perse tempo e non solo si convertì ma obbligò i propri sudditi ad abbandonare la venerazione di Odino e compagnia per abbracciare la nuova religione. 

Ciò che però mi colpisce è che nel paesaggio non è rimasta nessuna traccia dei vichinghi. Al di là di curiose collinette erbose (tipo quelle dei Teletubbies) che si vedono anche intorno al museo -dove i Re del tempo si facevano seppellire- non rimane molto altro. Si vedono strade, chiese bianche e paesi di campagna, che appartengono tutte a un periodo successivo. Non fosse per questi graffiti su pietra e per le navi che di tanto in tanto vengono riesumate dal Mare di Kattegat, quasi verrebbe da pensare che tutta questa storia dei vichinghi sia una leggenda da bar dove si beve troppo vin brulè...


Il parcheggio di navi vichinghe nel retro del Viking Ship Museum di Roskilde
Là dove il Baltico s'incontra con il Mare del Nord

Finalmente raggiungiamo SkagenLa luce che c'è qua, e in particolar modo la luce dell’ora blu (al crepuscolo) ha sempre attirato molti artisti. Nell’Ottocento, vari pittori vi si sono stabiliti e portarono in Danimarca la rivoluzione artistica iniziata a Parigi dagli impressionisti. Sono i cosiddetti “Skagenmalerne”. 

Attraversiamo brevemente il paese e ci dirigiamo subito in spiaggia. Il punto d’attrazione infatti è lì. Lì dove la terra finisce, i due mari -il Mar Baltico e il Mare del Nord- si incontrano. Non è una visione di grande impatto, ma è altamente simbolica.  Fra l'altro, da qualche parte lì nell'acqua c'è anche il confine di Stato. Vorremmo tanto nuotarci in mezzo, ma è dicembre e soprattutto non è il Mar Mediterraneo, così ci accontentiamo a entrare soltanto con i piedi.



Questo punto di incontro fra i mari è anche il punto dove le nostre strade si dividono. Il resto del gruppo concederà una chance ad Århus sulla via del ritorno, la mia strada prosegue invece verso il porto di Frederikschan, da cui in due ore di navigazione arriverò a Göteborg. Sto entrando in Svezia, un paese dove l’alcol costa abbastanza ed è venduto soltanto all’interno dei System Bolaget gestiti dallo Stato. Pertanto non mi stupisco notando le casse di birra che gli svedesi davanti a me si stanno portando a casa, presumibilmente dopo un weekend di là dal mare passato a bere.
L'ultima lingua di terra della Danimarca a Skagen
The viking gang, da sinistra: Laura, Flor, Carina, io, Callum

Si scrive Göteborg ma si pronuncia "iotebori"

Al porto di Göteborg mi aspetta mio cugino Adam. E’ un cugino di secondo grado (le nostre nonne svedesi sono sorelle) ma ha la mia stessa età e, anche se non ci siamo mai potuti vedere più di tanto, per me è sempre stato come un cugino vero e proprio. Dormirò da lui per qualche notte, mentre di giorno vorrei farmi un’idea della città. Tuttavia iniziamo dalla vita notturna: si va di birra! Nel pub la gente è tranquilla e vestita tra l’hypster e il trasandato. Mi piace. E il giorno seguente incontro anche il resto della famiglia. E' diverso  incontrarli in Svezia, nel loro quartiere; infatti solitamente sono loro a venire in Italia a trovare noi. Ma stavolta sto zitto, mi faccio guidare e ascolto le storie di questa città

Göteborg non c’era al tempo dei vichinghi. Fu costruita a partire dal 1600 per volere del re del tempo. Dove ora sorge Göteborg c’era allora un acquitrino, nient’altro. E’ quindi una città relativamente giovane. Fu progettata da degli olandesi e fu per lungo tempo anche animata da degli olandesi, dei mercanti, che furono invitati a stabilirsi nella nuova città e ad avviare lì il loro commercio, in cambio di generosi incentivi da parte del re. Con il passare del tempo la città crebbe, specialmente grazie al suo porto. Molta gente arrivava qui per partire e cercare una vita migliore lontano, ma intanto che il settore industriale si sviluppava la gente iniziò a rimanere. Nel secolo scorso nacque e si qui stabilì la Volvo. A partire dagli anni ’60 Göteborg divenne una città particolarmente vivace, caratterizzata soprattutto dal fermento musicale. 

Il porto di Göteborg
La Fiskkyrkan, un simbolo della città che assomiglia a una chiesa ma è un mercato del pesce coperto
Il quartiere dove alloggio si chiama Majörna. E’ stato a lungo un quartiere abitato da pescatori e da operai. Un quartiere povero insomma. La borghesia non voleva viverci perché non è abbastanza vicino al centro, suppongo. Invece oggi è un quartiere molto richiesto, le famiglie vi si stabiliscono per la presenza di spazi verdi e per il fermento culturale che vi abita. Infatti qui si è a metà strada fra il parco di Slottskoget e Järntorget, che con i suoi locali e caffè è forse il principale punto di incontro delle serate Göteborgesi. Non vi stupite perciò se incontrerete facce dai postumi della sera prima per strada o sui tram azzurri intorno a Majörna, e non parlo soltanto del periodo di Way Out West, il festival più grande della Svezia!

Tuttavia mettete in conto che rimarrete delusi se capitate a Göteborg. Perché la città non è neanche lontanamente antica,  grande o elegante come Stoccolma. Ora conoscete la sua storia, quindi sapete cosa aspettarvi. Il consiglio che vi dò è non fermarvi al centro storico, che pure è bello, ma di prendere una corsa del VästTrafik da Saltholmen verso l’arcipelago. Una barca: trasporto pubblico su acqua come a Venezia. Costa pochissimo e c’è un bar all’interno, dove è possibile prendersi un caffè e gustarselo mentre si costeggia il territorio frastagliato di isole intorno alla città. 

The Sailors Tower, situata nei pressi del Maritime Museum a Majorna
Da qualche parte nell'arcipelago di Göteborg...
Il tragico epilogo

A questo giro non mi fermo oltre a Göteborg. Ho infatti un treno per Uppsala, dove sto andando a cercare una casa in affitto per l’anno prossimo. Già, ho deciso di trasferirmi a Uppsala per finire l'università lì. Uppsala vicino all’altra costa della Svezia (60 km da Stoccolma) ed è una città studentesca, un po’ come è Lund per la regione intorno a Malmö. C’è un treno bellissimo, risalente a 70 anni fa e restaurato (il Blå Taget) che viaggia regolarmente fra Göteborg e Stoccolma a prezzi normali. Ma all’epoca non lo sapevo e così salgo a bordo di un normale SJ. Non ho fatto il biglietto perché tanto ho l’interrail ancora valido da un altro viaggio. Partiamo. 

Subito arriva il controllore, che chiede di vedere il mio biglietto. Non ero preparato.
"Just a moment" gli dico, mentre inizio a cercare. Ma non  lo trovo. Dopo un paio di minuti un po' imbarazzanti: 
I’ll come back in 5 minutes, ok?” mi dice lui, gentile.
“Ok” gli dico, ma dentro di me ho già capito. Ho sicuramente lasciato l’interrail in camera mia a Copenhagen. 

Quando il controllore ritorna gli spiego la situazione, lui mi dice che o faccio un biglietto a bordo o dovrò scendere alla prossima fermata. Così provo a comprarne uno tramite la mia prepagata, contanti svedesi non ne ho. Ma il non va a buon fine.



Scendo alla fermata successiva che è Alingsås. Non ne avevo idea, ma è qui che è cresciuta mia nonna. Sono intenzionato a continuare il viaggio, quindi faccio un biglietto da una macchinetta, che fortunatamente accetta la mia carta. Sul biglietto c'è scritto da Göteborg a Stoccolma, ma non mi faccio troppe domande presupponendo che anche il prossimo treno passi di qua. E invece aspetto per più di un’ora, leggendo su una panchina. Ora pensare che la mia giovane nonna potrebbe essersi seduta ad aspettare proprio lì dov'ero mi fa venire la pelle d'oca, ma lì per lì provavo ben altre emozioni. Purtroppo infatti non ferma più nessun treno per oltre un'ora. Una persona mi spiega infatti che ho acquistato un treno diretto, che non ferma ad Alingsås. Mannaggia a me! 

Ritorno a Göteborg. Provo a farmi cambiare il treno che ho perso, ma non me lo cambiano. A quel punto non sono più nell’umore di continuare il viaggio. Non voglio spendere altri soldi per dei biglietti che sarebbero gratis se solo non mi fossi dimenticato l’interrail a casa. Così decido di finire qui il mio viaggio e di tornare a Copenhagen. 

Allora non potevo saperlo, ma tutta la sfiga di quel giorno potrebbe essere stata provvidenziale. Infatti 6 mesi più avanti finirò per trovare online l’annuncio di Villa Varsätra, una bellissima casa a Uppsala che diventerà la piccola “comune" dove ho vissuto  per oltre un anno insieme ai miei amici dell'università. Chissà, forse se quel giorno le cose non fossero andate così sarebbe stato tutto molto diverso!

Io e Ingrid, la sorella di mia nonna, ad Alingsås
Il Blå Taget

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