sabato 2 febbraio 2019

Prima di un viaggio in Uganda

Può capitare nella vita di dover scegliere fra un mese di routine e un mese di permanenza in qualche luogo sperduto del mondo, ad esempio l'Uganda. Non è una scelta facile. Richiede un costoso biglietto aereo, vaccinazioni, visto e passaporto, molto coraggio e un po' di pazzia.  Coraggio e pazzia perchè il tortuoso percorso per arrivare in Uganda ti richiede determinazione, sebbene tu non si sappia cosa aspettarti. Devi volere ardentemente qualcosa che non conosci e che riesci a malapena a immaginare. Perciò devi essere un po' pazzo, o una mezza anguilla se vogliamo metterla diversamente...  

L'idea inizia a farsi largo nella mia testa dopo aver ricevuto la notizia che la mia ragazza andrà in Uganda per scrivere la sua tesi. Viene da lei, quando spontaneamente mi chiede se ho intenzione o meno di andarla a trovare mentre sarà lì. Io cado dalle nuvole, non mi sono mai posto la domanda… In tutta onestà, ancora non so dove sia l'Uganda (esattamente)...Nella mia testa è qualcosa di irraggiungibile, come se fosse fuori-mappa. Geograficamente, temporalmente ed economicamente. Eppure da quel momento l'idea, o meglio, la curiosità inizia ad attecchire. 

Il presidente Museveni
Nelle settimane seguenti comincio a crearmi una vaga cultura personale riguardo all'Uganda e al Centrafica. Scopro che molti fatti curiosi si concentrano intorno a quest'area. Per esempio, che la rete elettrica copre meno del 5% delle famiglie ugandesi e che il biogas (il mio tema di tesi) è un argomento che scotta anche là. Non tanto come soluzione "green", ma come soluzione "cheap". Scopro che l'Uganda ha il tasso di natalità più alto del mondo. Scopro che c'è un dittatore (Mouseveni) da oltre trent'anni e che si sono combattute delle guerre solo pochi anni fa, con dinamiche simili alla più famosa guerra in Ruanda. 

Quando accompagno Yasmin in aeroporto non so ancora se la rivedrò prima del suo ritorno, né quando sarà il suo ritorno. Lei è un misto di eccitazione e di disperata tristezza. Mi dirà più avanti che solo lì, alla fila per il controllo sicurezza, si è resa conto che stava veramente partendo per l'Uganda. Io invece me ne torno a casa, ma non sono pronto a ricominciare la solita routine senza di lei. Sarebbe troppo strano e troppo doloroso, mi dico. Decido di fare una pazzia…voglio fare autostop dalla Svezia all’Italia. “L’avventura mi terrà occupato” mi dico. Così la mattina dopo, sotto una bufera di neve, mi trovo a bordo dell’autostrada un po’ tremante e col pollice alzato. Tuttavia questa è un’avventura che racconterò più avanti.

Nei giorni e nelle settimane successive, le sue notizie dall’Uganda mi arrivano a bocconi. Da una parte c'è la marea di cose da sbrigare per la sua tesi, dall'altra c'è l'inesistenza del wifi e la mancanza di elettricità. Ma soprattutto, c’è un continente e mezzo a dividerci. Dalla biblioteca dell’università non riesco a immaginarmi come sia stare lì in Uganda. Non comprendo la gravità che possono avere gli effetti collaterali di un farmaco anti-malaria come il Lariam, soprattutto su una ragazza bianca sola fra le strade di Kampala. Non realizzo cosa voglia dire spostarsi alla mattina coi mezzi di fortuna locali per raggiungere il villaggio della foresta dove svolgere le interviste. Non ne ho idea e così continuo a mandare notizie dalla “normalissima Europa”.  Ogni sera ricevo un piccolo update su whatsapp, contornato da molte smileys, ma mi sembra così poco…Non ci sono mezzi, né tempi, sufficienti per poterci chiamare.  

Intanto il mistero e la tentazione di vedere l’Uganda con i miei occhi non mi lasciano, anzi si accrescono. Infine la mattina del 23 marzo -dopo una notte di esitazioni, ripensamenti e di rigiramenti nel letto- io prenoto. Un biglietto da 600€ comprato su un sito dal nome e dall'aspetto per nulla rassicurante. Ma quello è il mio biglietto! Non si fa più dietro-front!!!

La cosa positiva dei voli per l'Uganda è che non sono soggetti a oscillazioni di domanda -dato che una domanda non c'è- e quindi i prezzi restano più o meno uguali fino all'ultimo (per quel che ho potuto vedere). Il problema è che mi restano poco più di due settimane di tempo prima del volo. Pochissimo. Ho da sbrigare alcune faccende pratiche, in primis delle costosissime vaccinazioni. Per l’Uganda è obbligatorio avere la vaccinazione per febbre gialla, epatite A, epatite B, mentre vaccinazioni per rabbia, colera e pillole anti-malaria sono molto consigliate. Io non guardo a spese su questo, ed -eccetto rabbia- le faccio tutte. Il mio corpo ne risente un po’ durante pasqua e pasquetta, costringendomi a letto per un paio di giorni, ma nulla di più. Così come per i vaccini, riesco a ottenere anche il visto in modo abbastanza spedito, non appena sborso i quattrini (circa 50€). Tutte queste spese mi scoraggiano un po’, ancora una volta mi sale il dubbio di star facendo una cazzata. Ma ormai non si torna indietro e in più il momento è quasi arrivato...

Come mi capita prima di ogni viaggio, alla vigilia della partenza non dormo. Ho un volo alla mattina presto da Stoccolma e devo finire di fare lo zaino. Pochi vestiti, attrezzatura da campeggio, un paio di stivali di gomma, una guida, medicine, 2 spray anti-zanzare e parecchi contanti. Non ho molto altro con me. La giacca decido di non portarla, mi prendo giusto un k-way. 

All’alba del 10 Aprile 2018, quando esco di casa per raggiungere la fermata dell’autobus, mi maledico per non aver preso una giacca. Ma stringo i denti e saltello un po’. Poi finalmente sono sull’aereo che mi porterà in Uganda. Appartiene alla compagnia olandese KLM, ed è immenso. Intorno a me vedo sia persone di colore (probabilmente ugandesi) sia occidentali. C’è un gruppone di studente americani che prenderanno parte a qualche progetto di volontariato. C’è una signora italiana diretta verso il Ruanda, dove lavora nell’ambito della cooperazione. C’è una coppia di anziani inglesi che sembrano in tutto e per tutto dei missionari un po’ bigotti.

Alla sera, quando finalmente atterriamo all’aeroporto di Entebbe e ci lasciano uscire dall’aereo, percepisco subito una sensazione di “appiciccaticcio” e di aria calda. C’è anche un odore particolare nell’aria, che non ho mai sentito. Come leggendomi nella mente, un ragazzo con cui ho attaccato bottone esclama guardandomi: “Ecco l’odore di Africa! Non lo trovi da nessun’altra parte” o qualcosa del genere. 

Dopo mezzora di fila per il controllo documenti, entro ufficialmente in Uganda. Sul mio passaporto c’è scritto che ho 22 giorni di tempo nel paese. E’ ora di trovare l’uscita e di riabbracciare Yasmin, mi manca solo la valigia. Ah giusto la valigia…
…mi informano che “Purtroppo la sua valigia non è pervenuta”. Più avanti scoprirò che è rimasta ad Amsterdam, ma è questo è già l’inizio della prossima storia.

Aeroporto di Entebbe